Interpello sulla tassazione delle criptovalute per la Direzione Generale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate (Interpello 956-39/2018, presentato a gennaio 2018) che fornisce alcuni chiarimenti su questo complesso tema.
Per prima cosa le Entrate hanno ricordato come l’articolo 1, comma 2, lettera qq), del D. Lgs 231/2007 definisce “valuta virtuale” “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi è trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”. In altri termini il legislatore riconosce normativamente:
– l’utilizzo delle valute virtuali come strumento di pagamento alternativo a quelli tradizionalmente utilizzati nello scambio di beni e servizi;
– definisce tale “strumento di pagamento” quale “rappresentazione digitale di valore”, “trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
Con la risoluzione 2 settembre 2016, n. 72/E è stato precisato che il bitcoin è una tipologia di moneta “virtuale” utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale, la cui circolazione si fonda su un principio di accettazione volontaria da parte degli operatori privati. In generale, le valute virtuali hanno due fondamentali caratteristiche:
1. non hanno natura fisica, bensì digitale, essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici e vengono conservate in “portafogli elettronici”. Inoltre sono liberamente accessibili e trasferibili dal titolare, in possesso delle necessarie credenziali, in qualsiasi momento senza bisogno dell’intervento di terzi.
2. sono emesse e funzionano grazie a dei codici crittografici ed a complessi calcoli algoritmici. Lo scambio dei predetti codici criptati tra gli utenti (user), operatori sia economici che privati, avviene per mezzo di un’applicazione software. Per utilizzare i bitcoin, gli utenti devono entrarne in possesso: estraendoli; acquistandoli da altri soggetti in cambio di valuta legale; o accettandoli come corrispettivo per la vendita di beni o servizi.
In base a quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14, l’attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, svolta in modo professionale ed abituale, costituisce un’attività rilevante oltre agli effetti dell’Iva anche dell’Ires e dell’Irap, soggetta agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione e di segnalazione previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Alla luce di quanto precede si ritiene che, ai fini delle imposte sul reddito, delle persone fisiche che detengono bitcoin (o altre valute virtuali) al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali. Pertanto:
– le cessioni a pronti di valuta virtuale non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa salvo generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), TUIR. Il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione. Si fa presente che ai fini della determinazione di un’eventuale plusvalenza derivante dal prelievo dal wallet, che abbia superato la predetta giacenza media, si deve utilizzare il costo di acquisto e che agli effetti della determinazione delle plusvalenze/minusvalenze si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente. Inoltre, in caso di bitcoin ricevuti “a titolo gratuito”, il costo iniziale da considerare è quello sostenuto dal donante, ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del TUIR.
– i redditi derivanti dalle operazioni realizzate sul mercato FOREX e da Contract for Difference (CFD) aventi ad oggetto valute virtuali costituiscono redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del TUIR. Tali redditi, se percepiti da parte di un soggetto persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, sono soggetti ad imposta sostitutiva a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461. I redditi diversi di natura finanziaria in questione devono essere indicati nel quadro RT della Modello Redditi – Persone Fisiche e sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 26%.
Per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale, sono stati estesi gli obblighi ordinariamente previsti per gli intermediari bancari e finanziari, altresì ai soggetti (c.d. “operatori non finanziari”) che intervengono, anche attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro.
Inoltre, è previsto l’obbligo di compilazione del quadro RW della Modello Redditi – Persone Fisiche, da parte delle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, tra le quali le valute estere.
Da ultimo, si precisa che le valute virtuali non sono soggette all’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (c.d. IVAFE,) in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria” .
L’interpello è allegato al seguente link.