Pace fiscale: quadro di sintesi delle novità

pace fiscale 2019

Il Decreto fiscale è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 119 del 23.10.2018 e le sue disposizioni sono entrate in vigore a far data dal 24.10.2018 scorso. Tra le novità previste suscitano sicuramente molto interesse le diverse sanatorie, alcune delle quali hanno come data di spartiacque per il loro accesso proprio il 24.10.2018. Considerata l’elevata importanza di tali disposizioni e il loro impatto fiscale nell’immediato futuro, si ritiene utile un pratico riepilogo.

Definizione agevolate
1) Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (PVC) – ART. 1
I contribuenti possono regolarizzare gli importi che derivano dai processi verbali di constatazione (PVC), consegnati entro il 24.10.2018 (data di entrata in vigore del decreto fiscale) in materia di: imposte sui redditi e relative addizionali; contributi previdenziali; ritenute; imposte sostitutive; Irap; Ivie e Ivafe; Iva; Presentando la relativa dichiarazione integrativa entro il 31.05.2019, secondo modalità che saranno stabilite con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate. Sarà possibile regolarizzare solo le posizioni per le quali, alla data del 24.10.2018, non sia stato ancora notificato un avviso di accertamento o ricevuto un invito al contraddittorio. Le imposte che risulteranno dalla dichiarazione integrativa presentata dovranno essere versate entro il 31.05.2019 senza applicazione di sanzioni e interessi. E’ esclusa la possibilità di compensazione. Il contribuente, inoltre, non potrà utilizzare ulteriori perdite pregresse, rispetto a quelle già indicate nella dichiarazione presentata nei termini, per abbattere i maggiori imponibili risultanti dalla definizione del verbale. La definizione si considererà perfezionata con la presentazione della dichiarazione entro il 31.05.2019 e il versamento, sempre entro la stessa data, delle imposte dovute, in un’unica soluzione o come prima rata. Sarà possibile, infatti, rateizzare l’importo dovuto in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo.
2) Definizione agevolata di avvisi di accertamento, di rettifica, di liquidazione e atti di recupero – ART. 2
Tali atti, notificati entro il 24.10.2018 (data di entrata in vigore del Decreto fiscale), non impugnati e ancora impugnabili entro la stessa data, potranno essere definiti con il pagamento delle somme dovute per le sole imposte, senza sanzioni né interessi. Il versamento dovrà avvenire entro il 23.11.2018 (30 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto fiscale), oppure se più ampio entro il termine di proposizione del ricorso, in un’unica soluzione o come prima rata. Sarà possibile rateizzare l’importo dovuto in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo. La definizione agevolata si applica anche: agli inviti a comparire: entro il 23.11.2018 potranno essere definiti gli inviti a comparire notificati entro il 24.10.2018, con il versamento delle maggiori somme indicate in tali inviti; agli accertamenti con adesione sottoscritti entro il 24.10.2018, non ancora perfezionati. I contribuenti potranno allora versare entro il 13.11.2018 (entro 20 giorni dall’entrata in vigore del decreto fiscale) le maggiori imposte definite negli accertamenti con adesione ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA, e delle imposte indirette.
3) Definizione agevolata imposte consumo di sigarette elettroniche –ART. 8
E’ possibile definire in misura agevolata i debiti tributari relativi all’imposta sul consumo (dovuta ai sensi dell’art. 62-quater commi 1 e 1-bis del D.lgs. 504/1995), maturati fino al 31.12.2018, per i quali non sia ancora intervenuta sentenza passata in giudicato. Ai fini della definizione dovrà essere presentata all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli apposita istanza entro il 30.04.2019, secondo la modulistica che sarà pubblicata dall’Agenzia stessa entro il 28.02.2019. Entro 120 giorni dalla ricezione della domanda da parte dell’Agenzia, questa comunicherà al soggetto interessato gli importi da versare ai fini della definizione, pari al 5% del dovuto, senza sanzioni né interessi. Il pagamento dovrà avvenire entro 60 giorni dalla comunicazione dell’Agenzia, in unica soluzione o come prima rata. La rateazione potrà avvenire per un massimo di 120 rate mensili, previa presentazione di una garanzia, a copertura di sei mensilità. Il mancato pagamento di sei rate, anche non consecutive, determina la decadenza dal benficio del pagamento rateale e l’obbligo di pagamento delle somme residue entro 60 giorni dalla scadenza dell’ultima rata non pagata.

Rottamazione ter
4) Definizione agevolata dei carichi affidati all’Agente della Riscossione (c.d. rottamazione-ter) ART. 3
I debiti risultanti dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, potranno essere estinti senza sanzioni né interessi purché il contribuenti: manifesti tale volontà di definizione presentando apposita istanza entro il 30.04.2019, secondo la modulistica che l’agente della riscossione renderà disponibile sul proprio sito internet entro il 13.11.2018 (20 giorni dall’entrata in vigore del decreto fiscale); versi l’importo dovuto (che sarà comunicato dall’Agente della riscossione entro il 30.06.2019) entro il 31.07.2019. Il versamento potrà avvenire in un’unica soluzione o in un numero massimo di 10 rate consecutive di pari importo, con scadenza il 31.7 e il 30.11 di ciascun anno dal 2019. In caso di pagamento rateale sono dovuti, dal 1° agosto 2019, gli interessi al tasso del 2% annuo. Ai fini del pagamento potranno essere utilizzati in compensazione i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione. In caso di omesso o insufficiente o tardivo versamento di una sola rata, la definizione è inefficace e i versamenti effettuati saranno considerati acconti delle somme complessivamente dovute a seguito dell’iscrizione a ruolo. L’agente, pertanto, procederà al recupero coattivo del debito residuo. Le somme eventualmente già versate, che si riferiscono a debiti definibili attraverso la procedura agevolata, si intendono acquisite e non sono pertanto rimborsabili.
La rottamazione-ter potrà essere utilizzata anche da coloro che sono decaduti dalla precedenti rottamazioni.
Per quanto riguarda la rottamazione-bis (D.l. 148/2017) coloro che pagheranno, entro il 7.12.2018, le rate (non pagate) scadenti a luglio, settembre e ottobre 2018, potranno usufruire, per il debito residuo, della dilazione di pagamento in 10 rate consecutive di pari importo, con scadenza 31/7 e 30/11 di ciascun anno, a decorrere dal 2019. Su tali rate saranno dovuti gli interessi dello 0,3% annuo a partire dal 1° agosto 2019;
Per quanto riguarda la prima rottamazione (D.l. 193/2016), potranno accedere automaticamente alla rottamazione –ter sia i contribuenti che: sono in generale decaduti dalla prima rottamazione; essendosi visti rigettare l’istanza di adesione alla prima rottamazione, per non aver pagato tutte le rate scadute a fine 2016, hanno presentato domanda di accesso alla rottamazione-bis, ma non vi hanno potuto accedere in quanto poi – entro lo scorso luglio- non hanno pagato in un’unica soluzione le rate scadute a fine 2016.

Stralcio dei debiti fino a mille Euro
5) Stralcio dei debiti fino a mille Euro – ART. 4
I debiti risultanti dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 01.01.2000 al 31.12.2010, di valore residuo fino a mille Euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) alla data del 24.10.2018 (di entrata in vigore del Decreto fiscale), saranno automaticamente annullati. L’annullamento sarà effettuato alla data del 31.12.2018.

Liti pendenti
6) Definizione agevolata liti pendenti – ART. 6
Le controversie con le Entrate che, alla data del 24.10.2018 (entrata in vigore del Decreto fiscale) risultano pendenti in ogni stato o grado di giudizio, potranno essere definite pagando un importo pari al valore della lite (per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate). In caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, depositata alla data di entrata in vigore del Decreto fiscale, è previsto uno sconto in quanto il pagamento potrà avvenire nella misura del: 50% del valore della lite, in caso di soccombenza nella pronuncia di 1° grado; 20% del valore della lite, in caso di soccombenza nella pronuncia di 2° grado.
La definizione si intende perfezionata con la presentazione della domanda entro il 31.05.2019, e con il versamento- entro la stessa data- degli importi dovuti, comune unica soluzione o prima rata. E’ ammesso il pagamento rateale per gli importi dovuti che superano i mille Euro, in un massimo di 20 rate trimestrali, scadenti (per quelle successive alla prima) il 31/8, 30/11, 28/02 e 31/05 di ciascun anno a partire dal 2019.

Dichiarazione integrativa speciale
7) Dichiarazione integrativa speciale – ART.9
I contribuenti potranno correggere errori o omissioni delle dichiarazioni presentate entro il 31.12.2017 ai fini: delle imposte dirette e relative addizionali; delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi; delle ritenute; dei contributi previdenziali; dell’ Irap; dell’ Iva.
L’integrazione degli imponibili avverrà presentando una dichiarazione integrativa speciale entro il 31.05.2019, e versando gli importi dovuti.
L’integrazione sarà possibile entro il limite di 100mila Euro di imponibile annuo, e purché non superi di oltre il 30% quello già dichiarato. Sul maggiore imponibile si applicheranno, per ciascun periodo d’imposta: un’imposta sostitutiva del 20%; un’aliquota media per l’IVA risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili e il volume d’affari dichiarato. Nei casi in cui sia impossibile determinare l’aliquota media si potrà applicare l’aliquota ordinaria.
Le somme dovute dovranno essere versate, senza possibilità di compensazione, entro il 31.07.2019 in un’unica soluzione. In alternativa sarà possibile il pagamento rateale in 10 rate semestrali di pari importo, in tal caso la prima rata dovrà essere versata entro il 30.09.2019.
La dichiarazione integrativa speciale non può essere presentata se il contribuente: non ha presentato anche solo una delle dichiarazioni cui era tenuto per i periodi d’imposta dal 2013 al 2016; presenta la dichiarazione integrativa dopo aver avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche, o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazioni di norme tributarie, relativi all’ambito di applicazione di tale procedura agevolata.
8) Regolarizzazione associazioni sportive dilettantistiche – ART. 7
Le società e le associazioni sportive dilettantistiche inscritte nel registro del CONI possono avvalersi della dichiarazione integrativa speciale (sopra descritta) per tutte le imposte dovute e per ciascun anno d’imposta nel limite di 30.000 Euro di imponibile annuo. La regolarizzazione è preclusa se l’ammontare delle imposte accertate o contestate, relativamente a ciascun periodo d’imposta, è superiore a 30mila Euro per ciascuna imposta accertata o contestata. In tali casi sarà comunque possibile avvalersi delle definizioni agevolate degli atti di accertamento e delle liti pendenti.

Q&A: L’accertamento sintetico dopo il decreto dignità

redditometro

Il D.L. 87/2018 – c.d. Decreto Dignità – poi convertito in L. 96/2018 ha introdotto disposizioni finalizzate a modificare l’accertamento sintetico del reddito complessivo (c.d. redditometro), introducendo il parere dell’Istat e delle associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per l’individuazione di nuovi elementi di capacità contributiva. Inoltre ha disposto la soppressione – per gli anni d’imposta dal 2016 in poi – del decreto ministeriale del 16.09.2015 che individua il contenuto induttivo degli elementi indicativi della capacità contributiva in base al quale può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche.
Nonostante le modifiche apportate l’impianto del redditometro resta in vigore in quanto la modifica è diretta alla sola revisione degli aspetti attinenti al metodo di ricostruzione induttiva del reddito in relazione alla capacità di spesa e propensione al risparmio del contribuente.

INDICE DELLE DOMANDE

1. Cos’è l’accertamento sintetico?
2. Esiste una soglia minima di scostamento perché possa essere emesso l’accertamento sintetico?
3. Come può difendersi il contribuente dall’accertamento sintetico?
4. Quale iter deve seguire l’amministrazione finanziaria per emettere l’avviso di accertamento?
5. Quali sono gli elementi di spesa indicativi di una certa capacità contributiva, utilizzati per il redditometro?
6. Come avviene la determinazione del reddito?
7. Qual è la novità introdotta dal Decreto Dignità in materia di redditometro?

DOMANDE E RISPOSTE

D.1 COS’È L’ACCERTAMENTO SINTETICO?
R.1 L’accertamento sintetico (art. 38 commi 4-8 DPR 600/73) è una modalità di accertamento applicabile solo alle persone fisiche e alle imposte sui redditi, alternativo all’accertamento analitico, e utilizzabile anche in assenza di dichiarazione dei redditi.
Mediante l’accertamento sintetico l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate accerta un maggior reddito al contribuente sulla base del sostenimento di determinate spese, o sull’utilizzo di alcuni beni, che fanno presumere una certa capacità reddituale.
L’accertamento sintetico si suddivide in:
• puro, basato sull’effettivo sostenimento di determinate spese;
• redditometro, basato sugli indici di capacità contributiva, individuati con apposito decreto ministeriale.
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D.2 ESISTE UNA SOGLIA MINIMA DI SCOSTAMENTO PERCHÉ POSSA ESSERE EMESSO L’ACCERTAMENTO SINTETICO?
R.2 Sì, perché sia emesso l’accertamento sintetico è necessario che l’Agenzia delle Entrate accerti un reddito superiore almeno ad 1/5 rispetto a quello dichiarato dal contribuente. Se il contribuente è soggetto agli studi di settore, ed è sia congruo sia coerente, lo scostamento diventa di 1/3, quindi più favorevole per il contribuente.
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D.3 COME PUÒ DIFENDERSI IL CONTRIBUENTE DALL’ACCERTAMENTO SINTETICO?
R.3 Il contribuente, in caso di recapito di un avviso di accertamento sintetico, può difendersi dimostrando prova contraria, ossia che le spese sostenute nel periodo d’imposta “incriminato” sono state finanziate con altri redditi:
• redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta;
• redditi esenti;
• redditi soggetti a ritenuta a titolo d’imposta;
• redditi legalmente esclusi dalla base imponibile.
Il contribuente può anche dimostrare che l’entità della spesa è diversa, o che questa è stata sostenuta da altri soggetti.
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D.4 QUALE ITER DEVE SEGUIRE L’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA PER METTERE L’AVVISO DI ACCERTAMENTO?
R.4 L’amministrazione finanziaria deve:
• invitare il contribuente a comparire (di persona o tramite rappresentante) per fornire tutte le informazioni utili all’accertamento;
• avviare il procedimento di accertamento con adesione (art. 5 D.lgs. 218/1997) con invito di comparizione.
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D.5 QUALI SONO GLI ELEMENTI DI SPESA INDICATIVI DI UNA CERTA CAPACITÀ CONTRIBUTIVA, UTILIZZATI PER IL REDDITOMETRO?
R.5 Gli elementi di spesa presi a riferimento dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate ai fini del redditometro sono aggiornati periodicamente con apposito Decreto ministeriale, l’ultimo è quello del 16 settembre 2015, diretto a disciplinare l’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche per gli anni a decorrere dal 2011, che comprende :
• i consumi di generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature;
• l’abitazione, mutuo, canone di locazione, fitto figurativo, canone di leasing, acqua e condominio, manutenzione ordinaria, compensi agenti immobiliari;
• combustibili ed energia (energia, gas, riscaldamento);
• mobili, elettrodomestici e servizi per la casa;
• sanità;
• trasporti (assicurazione, bollo, pezzi di ricambio, abbonamenti);
• comunicazioni (apparecchi di telefonia, spese telefono);
• istruzione (libri, tasse, rette scolastiche);
• tempo libero ,cultura e giochi (giochi, televisione, hi-fi, computer, abbonamenti pay-tv, attività sportive, giochi on-line, animali domestici);
• altri beni e servizi (assicurazioni, parrucchiere ed istituti di bellezza, contributi previdenziali obbligatori, centri benessere, gioielleria, onorari liberi professionisti, alberghi/pensioni e viaggi organizzati);
• investimenti per: immobili (al netto del mutuo); beni mobili registrati come autoveicoli, al netto del finanziamento; polizze assicurative; contributi previdenziali volontari; azioni, obbligazioni, conferimenti, finanziamenti, capitalizzazioni, quote di partecipazioni, fondi di investimento, derivati ecc…; oggetti d’arte e antiquariato; manutenzione straordinaria unità abitative; donazioni ed erogazioni liberali; altro.
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D.6 COME AVVIENE LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO?
R.6 L’Agenzia delle Entrate determina il reddito sommando:
• ammontare delle spese, anche diverse da quelle di cui alla Tabella A del D.M. 16/09/2015 che, sulla base di dati e informazioni presenti in Anagrafe tributaria, risultano sostenute dal contribuente;
• ammontare di ulteriori spese riferite ai beni e servizi, indicati nella tabella A, determinato considerando la spesa risultante da analisi e studi socio economici;
• quota relativa agli incrementi patrimoniali del contribuente imputabile al periodo d’imposta, determinata con le modalità indicate nella tabella A;
• quota di risparmio riscontrata, formatasi nell’anno e non utilizzata per consumi ed investimenti.
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D.7 QUAL È LA NOVITÀ INTRODOTTA CON IL DECRETO DIGNITÀ IN MATERIA DI REDDITOMETRO?
R.7 L’art. 10 del D.l. 87/2018 (c.d. Decreto Dignità) vuole revisionare l’istituto del redditometro in chiave di contrasto all’economia sommersa. Il legislatore, in particolare, prevede che il Ministero dell’economia possa emanare il decreto che individua gli elementi indicativi di capacità contributiva, dopo aver sentito l’ISTAT e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori, per gli aspetti attinenti alla metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa ed alla propensione al risparmio dei contribuenti.
Inoltre è stata disposta l’abrogazione del D.M. 16/09/2015 (attuativo del redditometro per gli anni decorrenti dal 2011) le cui disposizioni cessano di avere efficacia per gli anni di imposta successivi a quello in corso al 31/12/2015. Quindi, l’abrogazione del citato decreto opera solo per gli anni d’imposta 2016 e seguenti.
La relazione illustrativa al decreto ha evidenziato che dal tenore della norma sembra dunque evincersi che per gli accertamenti successivi a quelli in corso al 31/12/2015 l’istituto del redditometro non trovi applicazione fino all’entrata in vigore del nuovo decreto attuativo.
Tuttavia, in ragione del mutato quadro normativo sono comunque fatti salvi gli inviti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e agli altri atti previsti dal citato art. 38, co. 7, del medesimo DPR 600/1973 per gli anni di imposta fino al 31/12/2015.
Infine, viene stabilito che le nuove disposizioni del decreto dignità non si applica agli atti già notificati e non si fa luogo al rimborso delle somme già pagate.
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Decreto Dignità: ecco cosa cambia articolo per articolo

decreto dignità

Il Senato ha approvato il 7 agosto 2018 la conversione in legge del Decreto Dignità, (il testo è allegato in fondo all’articolo), già in vigore dal 14 luglio come decreto 87/2018 (primo provvedimento del Governo Conte in materia economica) con importanti modifiche.
Dalla delocalizzazione alle misure di contrasto al gioco d’azzardo, dalle semplificazioni fiscali all’abrogazione delle società sportive dilettantistiche lucrative, sono molte le novità presenti. Tra conferme, modifiche ed innovazioni ecco cosa è cambiato con la conversione in Legge del decreto 87/2018 “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”.
In questo approfondimento, per brevità, non ci occuperemo delle importanti disposizioni riguardanti il mondo del lavoro.
Per approfondire gli aspetti toccati dal decreto in materia giuslavoristica clicca qui.

Limiti alla delocalizzazione delle imprese nel decreto dignità

Per prima cosa occorre chiarire che ai fini del decreto dignità per delocalizzazione si intende: “il trasferimento di attività economica o di sua parte dal sito produttivo incentivato ad altro sito da parte della medesima impresa beneficiaria dell’aiuto o di altra impresa con la quale vi sia rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile”.
In linea generale, l’articolo 5 disciplina le sanzioni nel caso di delocalizzazione da parte dell’impresa beneficiaria di aiuti di Stato. Le sanzioni sono diverse in relazione alla fattispecie:
– per chi delocalizza l’attività nell’ambito UE o anche in Italia ma fuori dal sito incentivato, entro cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa agevolata viene prevista la restituzione del beneficio con la maggiorazione del tasso di interesse di cinque punti
– per chi ha ricevuto aiuti e delocalizza in Paesi extra Ue, entro cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa agevolata viene prevista una sanzione amministrativa da due a quattro volte l’importo fruito.
L’articolo 6 stabilisce che le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale che beneficiano di aiuti di Stato che prevedano la valutazione dell’impatto occupazionale qualora, riducano i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata, decadano dal beneficio. In particolare, la decadenza, che comporta la revoca, totale o parziale, dei benefici concessi, è disposta qualora, ad esclusione dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo , le imprese richiamate riducano i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata dal beneficio nei 5 anni successivi alla data di completamento dell’investimento, rispettivamente in misura superiore al 50% nel qual caso la revoca è totale ed in misura superiore al 10% nel qual caso il beneficio viene ridotto in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale.
L’articolo 7 subordina l’applicazione dell’iper-ammortamento fiscale alla condizione che il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, su cui si fonda l’agevolazione, riguardi strutture produttive situate nel territorio nazionale, ivi incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti. Se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso e siano destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procederà al recupero dell’iper ammortamento. In particolare, il recupero del beneficio avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione dei beni agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi. Le disposizioni non si applicano agli interventi sostitutivi e nei casi in cui i beni agevolati siano per stessa natura destinati all’utilizzo in più sedi produttive, e pertanto possono essere oggetto di temporaneo utilizzo anche fuori del territorio dello Stato.
Infine, l’articolo 8 prevede che ai fini della disciplina del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo non si considerano ammissibili i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei seguenti beni immateriali (di cui al comma 6, lett. d) art. 3 D.l. 145/2013): “competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne” derivanti da operazioni intercorse con imprese appartenenti al medesimo gruppo.

Decreto dignità 2018: misure di contrasto a scommesse e giochi d’azzardo
La parte riguardante la lotta alla ludopatia e alle misure di contrasto alle scommesse con vincite in denaro e ai giochi di azzardo è stata piuttosto modificata nel corso della conversione in legge del decreto dignità. In particolare l’articolo 9 prevede il divieto dal 14 luglio 2018, di qualsiasi forma di pubblicità relativa ai giochi o scommesse con vincite in denaro, nonché al gioco d’azzardo comunque effettuata e su qualsiasi mezzo, incluse: manifestazioni sportive, culturali o artistiche; trasmissioni televisive o radiofoniche; stampa quotidiana e periodica; pubblicazioni in genere; affissioni; canali informatici digitali e telematici, compresi i social media.
Il divieto, dal 1° gennaio 2019, si applicherà anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale la cui pubblicità, ai sensi del decreto in esame è appunto vietata. L’inosservanza di queste disposizioni prevede una sanzione pari al 20% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità, e in ogni caso non inferiore – per ogni violazione – ad un importo minimo di 50.000 Euro. Le nuove disposizioni non si applicano ai contratti di pubblicità in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del decreto dignità.
L’articolo 9-bis, introdotto in sede di conversione, disciplina le “formule di avvertimento” dei rischi a cui si va incontro con il gioco d’azzardo, in maniera analoga a quanto già attualmente in vigore con gli alert per il rischio connesso al fumo sui pacchetti di sigarette. Il decreto stabilisce che le formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica dei giochi con vincite in denaro siano applicate anche su alcuni apparecchi da intrattenimento(slot e video lottery) , nonché nelle aree e nei locali dove essi vengano installati.
L’articolo 9-quater, introdotto in sede di conversione, prevede particolari misure di tutela dei minori, prevedendo l’utilizzo della tessera sanitaria per l’accesso agli apparecchi da intrattenimento per il gioco lecito. Per tale motivo devono essere rimossi dagli esercizi, dal 1° gennaio 2020, gli apparecchi privi di meccanismi idonei ad impedire l’accesso ai minori. La violazione di quest’ultima norma è punita con una sanzione amministrativa di diecimila euro per ciascun apparecchio.
Infine l’articolo 9-quinquies disciplina il logo “no slot” ai titolari di pubblici esercizi o circoli privati che eliminano o si impegnano a non installare slot machine.

Semplificazioni fiscali nel decreto dignità 2018
L’articolo 10 riguardante il redditometro prevede che il decreto MEF deve essere emanato dopo aver sentito l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa ed alla propensione al risparmio dei contribuenti. In attesa della nuova versione del decreto Mef, il decreto dignità abroga il decreto Mef del 16.09.2015 a partire dai controlli ancora da eseguire relativi al periodo d’imposta successivo al 31.12.2015 . Restano salvi, invece, eventuali inviti a fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento per gli anni d’imposta fino al 31.12.2015.
In merito allo spesometro, l’articolo 11 riguardante la comunicazione dei dati delle fatture, ha previsto che la comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute relativi al terzo trimestre 2018 non debba essere effettuata entro il mese di novembre 2018 ma entro il 28 febbraio 2019. In questo modo anche i soggetti che utilizzano lo spesometro trimestrale avranno (per gli ultimi due trimestri) la stessa scadenza di quelli che hanno optato per lo spesometro semestrale. Il comma 2-bis dell’articolo 11 prevede l’esonero dall’obbligo di annotazione nei registri IVA per i soggetti obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute.
Sempre in sede di conversione, sono stati inseriti all’articolo 11, i commi da 2-ter a 2-quinquies che eliminano lo spesometro per i produttori agricoli assoggettati a regime IVA agevolato.
L’articolo 11-bis introdotto in sede di conversione in Legge del DL 87/2018 rinvia al 1° gennaio 2019 la decorrenza dell’obbligo della fatturazione elettronica per la vendita di carburante a soggetti IVA presso gli impianti stradali di distribuzione, in modo da uniformarlo a quanto previsto dalla normativa generale sulla fatturazione elettronica tra privati. In pratica, l’articolo 11-bis riproduce il contenuto del decreto-legge n. 79 del 2018, abrogato dall’articolo 1 della Legge in commento, conservando tutti gli atti, i provvedimenti, gli effetti e i rapporti derivanti dalle norme introdotte con il medesimo decreto-legge.
L’articolo 12 prevede l’abolizione del meccanismo della scissione dei pagamenti (cd. split payment) per le prestazioni di servizi rese alle pubbliche amministrazioni i cui compensi siano assoggettati a ritenute alla fonte (in sostanza, i compensi dei professionisti).
Una delle novità inserite in sede di conversione in legge del DL, è rappresentata dal nuovo articolo 12-bis il quale estende anche al 2018 le norme che, con riferimento ai carichi affidati agli Agenti della riscossione entro il 31 dicembre 2017, consentono la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti di somministrazione, forniture, appalti e servizi anche professionali. Tali crediti devono essere: non prescritti, certi, liquidi esigibili maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
L’articolo 13 del decreto dignità sopprime le norme introdotte dalla legge di bilancio 2018, in base alle quali le attività sportive dilettantistiche potevano essere esercitate anche da società sportive dilettantistiche con scopo di lucro ed usufruire di agevolazioni fiscali.

Allegati: Decreto dignità convertito in legge

Fattura Elettronica: i chiarimenti della Circolare AdE n. 13/2018

fattura elettronica

La Legge di Bilancio 2018 ha riformato notevolmente la disciplina della fatturazione elettronica. Infatti, è stata prevista la graduale estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica:
• a partire da luglio 2018 nel settore dei subappalti pubblici e delle cessioni di carburanti;
• dal 2019 per la generalità delle operazioni effettuate verso soggetti IVA o verso privati stabiliti in Italia.
In data 28 giugno 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. n. 79 del 2018, entrato in vigore il giorno successivo. Tale norma, intervenendo sull’art. 1, commi 917, lettera a), e 927 della Legge n. 205 del 2017 (Legge di Bilancio 2018) ha:
• rinviato al 1° gennaio 2019 l’obbligo di emissione della fattura elettronica per le cessioni di carburante per autotrazione da parte degli esercenti gli impianti di distribuzione stradale;
• sino al 31 dicembre 2018, mantenuto per le medesime cessioni le modalità di documentazione precedentemente in essere, previste dal regolamento di cui al D.P.R. n. 444 del 1997 e dall’art. 12 del D.L. n. 457 del 1997.
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 13/E del 2.07.2018 è intervenuta fornendo ulteriori chiarimenti in merito a queste operazioni, sotto forma di domande e risposte.

INDICE DELLE DOMANDE

1. L’obbligo di fattura elettronica riguarda anche i carburanti idonei ad alimentare motori di diversa tipologia?
2. Le operazioni effettuate da e verso i soggetti identificati in Italia siano da documentare con fattura elettronica?
3. Le cessioni di gasolio e benzina destinate ad essere utilizzate come carburanti per motori ad uso autotrazione, effettuate entro il 30 giugno 2018, ma legittimamente documentate dopo il 1° luglio 2018, rientrino negli obblighi di fatturazione elettronica?
4. La cessione di carburante per trattori agricoli e forestali è da effettuare con strumenti tracciabili?
5. Qual è il termine ultimo di trasmissione al SdI delle fatture che documentano le cessioni di carburante?
6. A fronte dello scarto di una fattura da parte del SdI, si può procedere ad un nuovo inoltro del medesimo documento con un numero diverso e stessa data di quello iniziale?
7. L’obbligo di fatturazione elettronica si applica anche ai soggetti passivi d’imposta che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti di appaltatori di una pubblica amministrazione non in diretta dipendenza dal contratto di appalto di questi ultimi?
8. L’obbligo di fatturazione elettronica si applica anche qualora il committente a monte dell’appalto non sia una pubblica amministrazione, ma un soggetto dalla stessa controllato e/o variamente partecipato?
9. L’obbligo di fatturazione elettronica si applica anche per le prestazioni rese dalle imprese consorziate al consorzio aggiudicatario di un appalto nei confronti di una Pubblica Amministrazione o che si inserisce nella filiera dei contratti di subappalto?
10. Le fatture elettroniche emesse e ricevute a partire dal prossimo 1° luglio 2018, dopo l’invio tramite SdI, e previa stampa, possono essere trattate come quelle analogiche?
11. Le fatture transitate tramite il SdI possano essere conservate in formati diversi dall’xml?
12. La conservazione delle fatture tramite il servizio gratuito messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate vale solo per le operazioni B2B e B2C, o anche per quelle nei confronti della PA?

DOMANDE E RISPOSTE

D.1 L’OBBLIGO DI FATTURA ELETTRONICA RIGUARDA ANCHE I CARBURANTI IDONEI AD ALIMENTARE MOTORI DI DIVERSA TIPOLOGIA?
R.1 L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 13/E del 02.07.2018 ha disposto che, secondo quanto già chiarito nella C.M. n. 8/E del 2018 e nel Provvedimento n. 89757 del 30 aprile 2018, sono da documentare con fattura elettronica tutte le cessioni di benzina e gasolio, effettuate tra soggetti passivi d’imposta – con esclusione delle vendite operate da chi rientra nel cosiddetto “regime di vantaggio” , e da coloro che applicano il regime forfettario , nonché sino al 31 dicembre 2018, di quelle presso gli impianti stradali di distribuzione – destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori per uso autotrazione. Tale modalità di documentazione riguarda qualsiasi cessione dei beni indicati e, quindi, anche quelle intermedie (ad esempio l’acquisto del singolo distributore da un grossista). L’Agenzia specifica che, per espressa previsione legislativa, sono la tipologia di carburante ed il suo utilizzo ad imporre l’obbligo di fatturazione elettronica, così che ne sono escluse le cessioni di benzina e gasolio diversi da quelli destinati all’uso in motori per autotrazione, ossia, diversi da quelli impiegati nei veicoli (di qualunque tipologia) che circolano normalmente su strada (per l’identificazione di questi l’Agenzia rimanda, a titolo esemplificativo, gli articoli 53, 54 e 55 del D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, c.d. “Codice della strada”). Saranno dunque esclusi dai nuovi obblighi, ad esempio, i rifornimenti di carburante per aeromobili ed imbarcazioni.
Per identificare con puntualità le tipologie di benzina e gasolio da riportare nella fattura elettronica, le specifiche tecniche allegate al provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018 n. 89757 definiscono i seguenti codici di riferimento per i prodotti energetici della tabella TA13, pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Dogane: 27101245 (per vendita di Benzina senza piombo ottani => 95 e < 98); 27101943 (per vendita di Olii da gas aventi tenore, in peso, di zolfo inferiore o uguale a 0,001%); 27102011 (per vendita di Olio da gas denaturato tenore in peso di zolfo nell’olio da gas =< 0,001%). L’Agenzia chiarisce che, qualora al momento della cessione non vi sia certezza sull’impiego di una determinata tipologia di carburante rientrante tra quelle sopra citate – astrattamente idoneo ad essere utilizzato in motori tra loro diversi (si pensi al gasolio, che può essere impiegato tanto per il funzionamento del motore di un’imbarcazione / aeromobile, quanto per quello di un auto / motoveicolo) – le esigenze più volte espresse di presidio e contrasto ai fenomeni di evasione e di frode IVA impongono che la fatturazione sia elettronica.
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D.2 LE OPERAZIONI EFFETTUATE DA E VERSO I SOGGETTI IDENTIFICATI IN ITALIA SIANO DA DOCUMENTARE CON FATTURA ELETTRONICA?
R.2 Si ricorda, innanzitutto, che con la decisione di esecuzione (UE) 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018, l’Italia è stata autorizzata ad applicare misure speciali di deroga agli articoli 218 e 232 della direttiva 2006/112/CE, al fine di consentire un’applicazione della fatturazione elettronica obbligatoria generalizzata sul territorio nazionale. In particolare, l’Italia è stata autorizzata: ad accettare come fatture documenti o messaggi solo in formato elettronico se sono emessi da soggetti passivi “stabiliti” sul territorio italiano, diversi da soggetti che beneficiano della franchigia delle piccole imprese; nonché a disporre che l’uso delle fatture elettroniche emesse da soggetti stabiliti sul territorio italiano non sia subordinato all’accordo del destinatario. In tal senso l’Italia, con la Legge di Bilancio 2018, ha disposto l’obbligo di fatturazione elettronica per “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato”. L’Agenzia delle Entrate, nella C.M. n. 13/E del 2018, ha specificato che la stessa norma indica che i soggetti precedenti trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato. Relativamente al trattamento dei soggetti identificati in Italia a fini IVA, tuttavia, l’articolo 11, paragrafo 3, del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto statuisce che “il fatto di disporre di un numero di identificazione IVA non è di per sé sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione”. Ne consegue che, a sensi della normativa comunitaria, tra i soggetti “stabiliti” non possono essere inclusi i soggetti non residenti meramente identificati, a meno che non possa essere dimostrata l’esistenza di una stabile organizzazione. La norma nazionale sulla fatturazione elettronica deve essere, quindi, interpretata in senso conforme alla decisione di autorizzazione, oltre che alla direttiva IVA e ai principi di proporzionalità e neutralità fiscale. Pertanto, in base alla decisione di deroga solo i soggetti stabiliti possono essere obbligati ad emettere fattura elettronica. Di converso, la decisione non richiede che il soggetto ricevente la fattura debba essere stabilito sul territorio nazionale. Non è quindi incompatibile con la decisione di deroga la possibilità di indirizzare una fattura elettronica a soggetti non residenti identificati in Italia, sempre che a questi sia assicurata la possibilità di ottenere copia cartacea della fattura ove ne facciano richiesta. L’Agenzia delle Entrate dispone in conclusione che le operazioni tra soggetti diversi – ad esempio cessioni da e verso soggetti comunitari ed extracomunitari – non rientrano nell’obbligo di fatturazione elettronica, ma, semmai, in quello previsto dall’art. 1, comma 3-bis del D.lgs. n. 127 del 2015 e dall’art. 21 del D.L. n. 78 del 2010, ossia costituiranno oggetto di trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati delle relative fatture.
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D.3 LE CESSIONI DI GASOLIO E BENZINA DESTINATE AD ESSERE UTILIZZATE COME CARBURANTI PER MOTORI AD USO AUTOTRAZIONE, EFFETTUATE ENTRO IL 30 GIUGNO 2018, MA LEGITTIMAMENTE DOCUMENTATE DOPO IL 1° LUGLIO 2018, RIENTRINO NEGLI OBBLIGHI DI FATTURAZIONE ELETTRONICA?
R.3 Al riguardo, l’Agenzia specifica che l’art. 1, comma 917 della Legge n. 205 del 2017, in tema di cessioni di carburanti – diverse, almeno fino al 31 dicembre 2018, da quelle effettuate presso gli impianti stradali di distribuzione – e prestazioni rese da soggetti subappaltatori e subcontraenti della filiera delle imprese operanti nel quadro di un contratto di appalto con la Pubblica Amministrazione, ha previsto che le nuove disposizioni sulla fatturazione elettronica si applicano “alle fatture emesse a partire dal 1° luglio 2018”. Per determinare gli obblighi di forma, dunque, occorre tenere in considerazione il momento di emissione del documento. Ne deriva che, nei citati ambiti, seppure riguardanti operazioni effettuate in epoca precedente, tutte le fatture emesse a far data dal 1° luglio 2018 – come quelle c.d. “differite”, emesse, ex articolo 21, comma 4, lettera a), del d.P.R. n. 633 del 1972, entro il 15 luglio 2018 in riferimento al mese di giugno 2018 – dovranno essere elettroniche e veicolate tramite il Sistema di Interscambio (SdI).
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D.4 LA CESSIONE DI CARBURANTE PER TRATTORI AGRICOLI E FORESTALI È DA EFFETTUARE CON STRUMENTI TRACCIABILI?
R.4 L’Agenzia delle Entrate specifica che per quanto riguarda la deducibilità del costo d’acquisto ed alla detraibilità della relativa IVA, valgono le disposizioni di ordine generale dettate per tutti i carburanti nonché l’articolo 1, comma 1, lettera b), ultimo periodo, del D.L. n. 79 del 2018) e, quindi, l’obbligo di procedere al pagamento utilizzando gli strumenti individuati con il Provvedimento n. 73203 del 4 aprile 2018.
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D.5 QUAL È IL TERMINE ULTIMO DI TRASMISSIONE AL SDI DELLE FATTURE CHE DOCUMENTANO LE CESSIONI DI CARBURANTE?
R.5 A tal proposito in primo luogo l’Agenzia delle Entrate evidenzia che le disposizioni in tema di fatturazione elettronica, sia su base volontaria che obbligatoria, non hanno in alcun modo derogato ai termini di emissione dei documenti, che restano ancorati, ex art. 21, comma 4 del D.P.R. 633/72, al momento di effettuazione dell’operazione (nel caso in esame, la cessione del carburante) e di esigibilità dell’imposta, secondo la previsione dell’art. 6 dello stesso decreto. Di conseguenza, fatte salve le eccezioni contenute nell’art. 21, comma 4 del D.P.R. 633/72, l’emissione della fattura dovrà essere contestuale alla cessione del carburante. La contestualità – ovvero l’emissione entro le ore 24 del medesimo giorno della cessione – deve essere valutata alla luce del processo, legislativamente e tecnicamente imposto, per la creazione e trasmissione del documento al SdI. In tal senso, dato che la fattura elettronica “si ha per emessa all’atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente” (art. 21, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972), non è improbabile che un iter di emissione, pur tempestivamente avviato, si concluda oltre le ore 24 del medesimo giorno. Proprio in ragione di tale possibilità, visti anche i controlli che il SdI deve effettuare sui documenti dallo stesso veicolati, nonché le variabili operative legate ai canali di invio/ricezione, nel punto 4.1 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018, si è specificato che “la data di emissione della fattura elettronica è la data riportata nel campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica, che rappresenta una delle informazioni obbligatorie ai sensi degli articoli 21 e 21bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. In altri termini, inviato tempestivamente al SdI il documento, in assenza di un suo scarto, i tempi di elaborazione (ossia consegna/messa a disposizione del cessionario/committente) diventano marginali, assumendo rilievo, ai fini dell’emissione della fattura immediata, la sola data di formazione e contestuale invio al SdI, riportata nel campo indicato. Tuttavia, in fase di prima applicazione delle nuove disposizioni, considerato anche il necessario adeguamento tecnologico richiesto alla platea di soggetti coinvolti e le connesse difficoltà organizzative, si ritiene che il file fattura, predisposto nel rispetto delle regole tecniche previste dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018 ed inviato con un minimo ritardo, comunque tale da non pregiudicare la corretta liquidazione dell’imposta, costituisca violazione non punibile ai sensi dell’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
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D.6 A FRONTE DELLO SCARTO DI UNA FATTURA DA PARTE DEL SDI, SI PUÒ PROCEDERE AD UN NUOVO INOLTRO DEL MEDESIMO DOCUMENTO CON UN NUMERO DIVERSO E STESSA DATA DI QUELLO INIZIALE?
R.6 L’Agenzia risponde che secondo quanto indicato nel Provvedimento dell’Agenzia delle entrate n. 89757 del 30 aprile 2018, il SdI, per ogni file della fattura elettronica o lotto di fatture elettroniche correttamente ricevuti, effettua successivi controlli del file stesso. In caso di mancato superamento dei controlli viene recapitata – entro 5 giorni – una “ricevuta di scarto” del file al soggetto trasmittente sul medesimo canale con cui è stato inviato il file al SdI. Allo stesso modo, la fattura, pur formalmente corretta, viene scartata laddove si utilizzi un codice destinatario inesistente. In tali ipotesi la fattura elettronica (o le fatture del lotto) di cui al file scartato dal SdI si considera non emessa. Circostanza che, qualora il cedente/prestatore abbia effettuato la registrazione contabile del documento, comporta – se necessario – una variazione contabile valida ai soli fini interni, senza la trasmissione di alcuna nota di variazione al SdI (si veda il punto 6.3 del citato provvedimento prot. n. 89757/2018). In tutti i casi, a fronte della mancata emissione della fattura, è necessario documentare correttamente l’operazione sottesa. In questo senso, valgono i principi generali in materia, legati non solo alla tenuta di una ordinata contabilità, ma anche ai requisiti legislativamente previsti per l’emissione e la registrazione dei documenti in esame. Si ritiene, quindi, che la fattura elettronica, relativa al file scartato dal SdI, vada preferibilmente emessa (ossia nuovamente inviata tramite SdI entro cinque giorni dalla notifica di scarto) con la data ed il numero del documento originario. Peraltro, come indicato nelle specifiche tecniche allegate al richiamato provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757/2018 (pag. 142 della versione 1.1 aggiornata al 7 giugno 2018), le verifiche di unicità della fattura, effettuate dal SdI al fine di intercettare ed impedire l’inoltro di un documento già trasmesso ed elaborato, comporteranno lo scarto della fattura che rechi dati (identificativo cedente/prestatore, anno della data fattura, numero fattura) coincidenti con quelli di una fattura precedentemente trasmessa, solo ove non sia stata inviata al soggetto trasmittente una ricevuta di scarto del precedente documento. Qualora l’emissione del documento con medesimo numero e data non sia possibile, i citati principi, ferma la necessità di procedere alla corretta liquidazione dell’imposta in ragione dell’operazione effettuata, impongono alternativamente: l’emissione di una fattura con nuovo numero e data (coerenti con gli ulteriori documenti emessi nel tempo trascorso dal primo inoltro tramite SdI), per la quale risulti un collegamento alla precedente fattura scartata da Sdi e successivamente stornata con variazione contabile interna onde rendere comunque evidente la tempestività della fattura stessa rispetto all’operazione che documenta; l’emissione di una fattura come sub a), ma ricorrendo ad una specifica numerazione che, nel rispetto della sua progressività, faccia emergere che si tratta di un documento rettificativo del precedente, variamente viziato e scartato dal SdI. Si pensi a numerazioni quali “1/R” o “1/S” volte ad identificare le fatture, inserite in un apposito registro sezionale, emesse in data successiva in luogo della n. 1 (nell’esempio fatto) prima scartata dal SdI. Così, ad esempio, a fronte delle fatture n. 1 del 2/01/2019 e n. 50 dell’1/03/2019 (uniche 2 fatture del contribuente scartate dal SdI sino a quella data), potranno essere emesse la n. 1/R del 10/01/2019 e la n. 50/R dell’8/03/2019 annotate nell’apposito sezionale.
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D.7 L’OBBLIGO DI FATTURAZIONE ELETTRONICA SI APPLICA ANCHE AI SOGGETTI PASSIVI D’IMPOSTA CHE EFFETTUANO CESSIONI DI BENI E PRESTAZIONI DI SERVIZI NEI CONFRONTI DI APPALTATORI DI UNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NON IN DIRETTA DIPENDENZA DAL CONTRATTO DI APPALTO DI QUESTI ULTIMI?
R.7 L’Agenzia delle Entrate riguardo a tale argomento specifica che l’articolo 105, comma 2, del D.lgs. l18 n. 50 del 2016 (c.d. “Codice appalti pubblici e contratti di concessione”) stabilisce che “Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. (…) L’affidatario comunica alla stazione appaltante, prima dell’inizio della prestazione, per tutti i subcontratti che non sono subappalti, stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del subcontraente, l’importo del subcontratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati. Sono, altresì, comunicate alla stazione appaltante eventuali modifiche a tali informazioni avvenute nel corso del subcontratto. Alla luce di tale indicazione, le disposizioni dell’articolo 1, comma 917, lettera b), della legge n. 205 del 2017 trovano applicazione solo nei confronti dei soggetti subappaltatori e subcontraenti per i quali l’appaltatore ha provveduto alle comunicazioni prescritte dalla legge. Dunque, fermo l’obbligo di indicare in fattura, ove prescritti, il codice identificativo di gara (CIG) ed il codice unico di progetto (CUP) per la tracciabilità diretta dei flussi finanziari, nell’ambito degli appalti vi sarà obbligo di emettere fattura elettronica via SdI solo in capo a coloro che operano nei confronti della stazione appaltante pubblica ovvero a chi, nell’esecuzione del contratto di appalto, è titolare di contratti di subappalto propriamente detto (ossia esegue direttamente una parte dello stesso) o riveste la qualifica di subcontraente (vale a dire colui che per vincolo contrattuale esegue un’attività nei confronti dell’appaltatore e in quanto tale viene comunicato alla stazione appaltante con obbligo di CIG e/o CUP). Al riguardo l’Agenzia delle Entrate fa un esempio pratico: ritiene che siano esclusi dai nuovi obblighi di fatturazione tutti coloro che cedono beni ad un cliente senza essere direttamente coinvolti nell’appalto principale con comunicazioni verso la stazione appaltante ovvero con l’imposizione di CIG e/o CUP (si pensi, in ipotesi, a chi fornisce beni all’appaltatore senza sapere quale utilizzo egli ne farà, utilizzandone magari alcuni per l’appalto pubblico, altri in una fornitura privata).
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D.8 L’OBBLIGO DI FATTURAZIONE ELETTRONICA SI APPLICA ANCHE QUALORA IL COMMITTENTE A MONTE DELL’APPALTO NON SIA UNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, MA UN SOGGETTO DALLA STESSA CONTROLLATO E/O VARIAMENTE PARTECIPATO?
R.8 L’Agenzia delle Entrate ricorda che l’articolo 1, comma 917, lettera b), della legge n. 205 del 2017, impone l’emissione di fatture elettroniche per le “prestazioni rese da soggetti subappaltatori e subcontraenti della filiera delle imprese nel quadro di un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture stipulato con un’amministrazione pubblica”. Deve dunque escludersi che l’obbligo di fatturazione elettronica si estenda ai rapporti in cui, a monte della filiera contrattuale, vi sia un soggetto che non rientra tra quelli da qualificarsi come Pubblica Amministrazione. Per l’identificazione di tali soggetti (Pubbliche Amministrazioni a loro volta destinatarie di fatture elettroniche in base all’art. 1, commi da 209 a 214 della Legge n. 244 del 2007 nonché del Decreto Ministeriale del 3 aprile 2013, n. 55) l’Agenzia delle Entrate rinvia alle precisazioni fornite con la C.M. n. 1/DF del 9 marzo 2015.
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D.9 L’OBBLIGO DI FATTURAZIONE ELETTRONICA SI APPLICA ANCHE PER LE PRESTAZIONI RESE DALLE IMPRESE CONSORZIATE AL CONSORZIO AGGIUDICATARIO DI UN APPALTO NEI CONFRONTI DI UNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE O CHE SI INSERISCE NELLA FILIERA DEI CONTRATTI DI SUBAPPALTO?
R.9 Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate specifica che si è osservato in più occasioni come le prestazioni rese dai consorziati al consorzio assumono la medesima valenza delle prestazioni rese dal consorzio ai terzi, in analogia a quanto previsto dall’art. 3, comma 3 del D.P.R. n. 633/72, con riferimento al mandato senza rappresentanza. Di conseguenza, le modalità di fatturazione nei confronti dei terzi si riverberano anche nei rapporti interni (C.M. n. 14/E del 2015 e C.M. n. 20/E del 2016). Questo potrebbe far ritenere tali prestazioni oggetto di fatturazione elettronica sul presupposto che il rapporto Pubblica Amministrazione – Consorzio rientri comunque in tale modalità di documentazione ex DM n. 55 del 2013. L’Agenzia specifica che “come affermato in numerosi documenti di prassi, l’equiparazione delle prestazioni rese o ricevute dal mandatario senza rappresentanza con quelle che intervengono nei rapporti tra mandante e mandatario, contenuta nell’articolo 3, terzo comma, ultimo periodo, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, opera, ai fini dell’IVA, in relazione alla qualificazione oggettiva delle prestazioni, ma non anche in relazione all’aspetto soggettivo (cfr. risoluzioni 23 maggio 2000, n. 67/E, 15 maggio 2002, n. 145/E e 14 novembre 2002, n. 355/E)” (così la R.M. n. 242/E del 2009). In altri termini, l’obbligo di fatturazione elettronica in capo al consorzio (legato alla qualificazione soggettiva del committente Pubblica Amministrazione) non si estenderà ai rapporti consorzio – consorziate. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ribadisce che è da escludersi che l’obbligo di fatturazione elettronica sorga nei rapporti interni laddove il consorzio non sia il diretto referente della Pubblica Amministrazione, ma si inserisca nella filiera dei subappalti.
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D.10 LE FATTURE ELETTRONICHE EMESSE E RICEVUTE A PARTIRE DAL PROSSIMO 1° LUGLIO 2018, DOPO L’INVIO TRAMITE SDI, E PREVIA STAMPA, POSSONO ESSERE TRATTATE COME QUELLE ANALOGICHE?
R.10 L’Agenzia delle Entrate al riguardo risponde che l’insieme delle norme dettate in tema di fatturazione elettronica con la L. n. 205 del 2017 – fatto salvo il disposto dell’articolo 4 del D.lgs. n. 127 del 2015 – non ha inciso sugli obblighi di registrazione delle fatture emesse e ricevute dettati dagli articoli 23 e 25 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Restano dunque valide non solo tali disposizioni, ma anche le delucidazioni fornite in passato sulle stesse tramite molteplici documenti di prassi cui si rinvia. L’Agenzia inoltre evidenzia, con specifico riferimento all’articolo 25 del D.P.R. n. 633 del 1972, vista la natura del documento elettronico transitato tramite SdI – di per sé non modificabile e, quindi, non integrabile – che la numerazione della fattura o qualsiasi altra integrazione della stessa (si pensi, in generale, alle ipotesi di inversione contabile di cui all’articolo 17 del d.P.R. n. 633 del 1972) possa essere effettuata secondo le modalità già ritenute idonee in precedenza (R.M. n. 46/E del 10 aprile 2017 e le circolari ivi richiamate), ossia, ad esempio, predisponendo un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa.
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D.11 LE FATTURE TRANSITATE TRAMITE IL SDI POSSANO ESSERE CONSERVATE IN FORMATI DIVERSI DALL’XML?
R.11 Al riguardo, l’Agenzia specifica che l’art. 23-bis del D.lgs. n. 82 del 2005, al comma 2, stabilisce che “le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti regole tecniche di cui all’art. 71, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico”. Ne deriva che ciascun operatore conformemente alla propria organizzazione aziendale, potrà portare in conservazione anche copie informatiche delle fatture elettroniche in uno dei formati (ad esempio “pdf”, “jpg” o “txt”) contemplati dal Decreto presidente del Consiglio dei Ministri 3 dicembre 2013 e considerati idonei a fini della conservazione. L’Agenzia ricorda in tal senso che chi emette/riceve fatture elettroniche, ha facoltà di conservare le stesse, così come le altre scritture contabili, tanto sul territorio nazionale, quanto all’estero, in Paesi con i quali esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza (R.M. n. 81/E del 2015).
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D.12 LA CONSERVAZIONE DELLE FATTURE TRAMITE IL SERVIZIO GRATUITO MESSO A DISPOSIZIONE DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE VALE SOLO PER LE OPERAZIONI B2B E B2C, O ANCHE PER QUELLE NEI CONFRONTI DELLA PA?
R.12 L’Agenzia specifica che nel provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018 e nella circolare n. 8/E di pari data, si è specificamente segnalato che, per chi aderirà ad apposito accordo di servizio (mediante modalità online), tutte le fatture elettroniche emesse o ricevute attraverso il SdI saranno portate in conservazione a norma del D.M. 17 giugno 2014. Tale servizio – messo gratuitamente a disposizione dall’Agenzia delle entrate e conforme alle disposizioni del d.P.C.M. 3 dicembre 2013 – nei limiti di quanto indicato nel relativo accordo preventivo alla sua utilizzazione, non è limitato ad una tipologia di destinatario delle fatture (soggetto passivo d’imposta, consumatore o altro), ma riguarda le fatture elettroniche in generale e, dunque, anche quelle emesse nei confronti della PA e transitate tramite SdI.
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Dichiarazione IRAP: le novità introdotte nel 2018

irap 2018

La dichiarazione Irap 2018 fra nuovi termini di presentazione, derivazione rafforzata e nuove deduzioni dalla base imponibile. Come ricordano le istruzioni quest’anno il modello Irap va inviato telematicamente entro il 31 ottobre 2018 per effetto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 932, della legge 27 dicembre 2017, n.205. Per il tributo regionale infatti ai fini dell’adempimento della presentazione, non assume alcuna rilevanza la data di approvazione del bilancio o del rendiconto, ma unicamente la data di chiusura del periodo d’imposta. Per il resto nel modello di dichiarazione dell’imposta regionale sulle attività produttive del 2018 non vi sono novità sostanziali ma molte conferme ed integrazioni. Vediamole in rapida sintesi.

Frontespizio
Nel frontespizio del modello trova apposito spazio la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa. Le istruzioni ricordano come una volta scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando, secondo le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione. Presupposto per poter presentare la dichiarazione integrativa è che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. Per quanto riguarda quest’ultima, si ricorda che sono considerate valide anche le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dal termine di scadenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni. Nell’apposita casella del frontespizio dedicata alla dichiarazione integrativa il contribuente potrà indicare il codice 1, nel caso di integrazione spontanea ed il codice 2 qualora la dichiarazione integrativa segua una comunicazioni inviata dall’Agenzia delle Entrate. Fra le altre novità del frontespizio nella casella relativa agli “Eventi eccezionali” sono state inoltre ricomprese nuove codifiche per tenere conto dei contribuenti che, essendone legittimati, hanno fruito per il periodo d’imposta 2017 delle agevolazioni fiscali previste da particolari disposizioni normative emanate a seguito di calamità naturali o di altri eventi eccezionali. I soggetti interessati devono indicare nell’apposita casella il relativo codice desunto dalla “Tabella degli eventi eccezionali”. Fra le principali si segnala il codice 7 per il terremoto dell’Isola di Ischia ed il codice 6 per l’alluvione che ha colpito la provincia di Livorno. Tra le altre novità della dichiarazione IRAP 2018 si segnalano poi alcune rettifiche ai vari quadri del modello per una più corretta gestione della c.d. esenzione dell’Irap agricola. Si tratta, nello specifico, dell’eliminazione di alcuni campi della dichiarazione nei quali in passato si doveva specificare il valore della produzione sul quale applicare l’aliquota Irap.

Le novità del Modello Irap 2018

Deduzioni Irap
Da ricordare in primo luogo che risultano confermate le maggiori deduzioni Irap introdotte dalla scorsa legge di Stabilità (legge n.208/2015). Tali maggiori deduzioni competono ai soggetti minori quali, ad esempio, le società in accomandita semplice in nome in collettivo, persone fisiche e società semplici esercenti arti e professioni, etc. Per questi soggetti infatti, come specificano le istruzioni, l’importo delle deduzioni base variabili sulla base degli scaglioni di valore della produzione, è aumentato, rispettivamente, da 8.000 a 13.000 euro, da 6.000 a 9.750 euro, da 4.000 a 6.500 euro e da 2.000 a 3.250 euro. Oltre l’importo di euro 180.919,91 di base imponibile Irap, non compete più alcuna deduzione. Novità anche per quanto riguarda le deduzioni sul costo residuo del lavoro dipendente. In particolare detta deduzione è stata estesa anche ai lavoratori stagionali impiegati per almeno 120 giorni per due periodi d’imposta, a partire dal 2° contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco di 2 anni a decorrere dalla data di cessazione del precedente contratto. In queste ipotesi l’importo della deduzione IRAP spettante è pari al 70 per cento del costo residuo. Tutto ciò per effetto della disposizione introdotta dal comma 73 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Sempre in tema di deduzioni sul costo del lavoro (Quadro IS del modello) si ricorda, infine, che il comma 116 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n.205, ha previsto per l’anno 2018, a favore dei soggetti che determinano un valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9 del Dlgs. 446 del 1997, la piena deducibilità per ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno centoventi giorni per due periodi d’imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco temporale di due anni a partire dalla data di cessazione del precedente contratto. Ancora in tema di deduzioni dalla base imponibile Irap da ricordare che per quanto attiene le banche, gli enti finanziari e le imprese assicurative, risultano interamente deducibili, nel periodo d’imposta di iscrizione in bilancio, sia le rettifiche e le riprese di valore nette dovute al deterioramento dei crediti nonché le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti assicurativi se relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015.

Determinazione valore della produzione
A seguito delle variazioni apportate agli schemi di conto economico dal Decreto Legge n.139/2015 ed in particolare agli schemi di stato patrimoniale e di conto economico, nel nuovo modello IRAP tutti costi e ricavi straordinari, precedentemente collocati nelle voci E20 (proventi) ed E21 (oneri straordinari), devono ora essere inseriti come altri elementi di costo e di ricavo. In pratica, le plusvalenze e le minusvalenze ottenute dalla vendita di beni non strumentali, che prima venivano indicate come componenti straordinari, vanno ora dichiarate nella voce A5 “altri ricavi e proventi” o B14 “oneri diversi di gestione” del conto economico. Il tutto con l’eccezione di proventi o oneri straordinari derivanti da trasferimenti di azienda o di rami d’azienda che risultano espressamente da escludere dalla base imponibile del tributo regionale. Richiamando le novità relative alla predisposizione del bilancio d’esercizio sopra riportate, le istruzioni alla compilazione del modello Irap ricordano come, indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico, i componenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa.

Allegati:
Modello IRAP 2018 – pdf
Istruzioni per la compilazione IRAP 2018 – pdf

Professionisti: nuove regole fiscali per trasferta, formazione e certificazione competenze

professionisti

Nuova deducibilità delle spese per la partecipazione a convegni e congressi e nuova gestione delle spese per alberghi e somministrazioni di alimenti e bevande addebitate al cliente costituiscono le principali novità della dichiarazione dei redditi dei lavoratori autonomi. Le novità in oggetto si riflettono nella modulistica della dichiarazione dei liberi professionisti in forma individuale e in quella degli studi associati e delle associazioni professionali. Le modalità scelte per la gestione delle suddette novità nella determinazione dei redditi di lavoro autonomo sono pressoché identiche per i due modelli dichiarativi: Redditi 2018PF e Redditi 2018SP. Oltre alle suddette novità, nei modelli di dichiarazione dei redditi di lavoro autonomo prodotti nel 2017, trova collocazione anche la nuova deduzione nel limite di 5 mila euro su base annua per le spese di riqualificazione degli studi professionali.

Spese di trasferta riaddebitate al cliente
Grazie all’intervento normativo operato dall’articolo 8 della legge n. 81/2017 (c.d. Jobs act del lavoro autonomo) il regime fiscale dei rimborsi spese addebitati dai liberi professionisti ai loro clienti si è modificato. Secondo la conseguente formulazione dell’articolo 54, comma 5, del Tuir ora le spese di vitto e alloggio sostenute dal libero professionista sono soggette a un doppio limite di deducibilità: un primo limite, di carattere assoluto, che prevede che tali spese siano deducibili unicamente per il 75% del loro costo mentre l’altro limite, di tipo relativo, prevede che la quota deducibile di tali spese non deve essere superiore al 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta. Per effetto dell’intervento di cui alla citata legge n. 81/2017, le spese di vitto e di alloggio sostenute dal professionista in esecuzione di uno specifico incarico, e che vengono poi riaddebitate analiticamente al cliente, non sono soggette alle suddette limitazioni ma sono integralmente deducibili dal reddito di lavoro autonomo. Per gestire tale novità normativa all’interno del quadro RE delle persone fisiche e in quello delle associazioni professionali e degli studi associati, occorre seguire le seguenti modalità di compilazione: nella colonna 2 del rigo RE15 di entrambi i modelli dichiarativi dovranno essere indicate le spese relative a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande sostenute dal professionista per l’esecuzione di un incarico e riaddebitate analiticamente al committente. Tali spese, si legge nelle istruzioni alla compilazione dei quadri dei due dichiarativi, non saranno soggette ai limiti di deducibilità previste per le altre spese di tale specie (75% nel limite del 2% dei compensi) che verranno invece indicate nella colonna 1 del medesimo rigo RE15.

Le novità delle dichiarazioni 2018 per il reddito da lavoro autonomo

Spese per la formazione professionale
Nei quadri RE dei modelli dichiarativifanno il loro debutto anche le nuove disposizioni in materia di deducibilità delle spese di formazione professionale nel limite annuo di 10 mila euro. Tale novità sostituisce il vecchio regime di deducibilità limitata al 50% di tali spese grazie alle modifiche apportate al comma 9 dell’articolo 54 del Tuir dalla già ricordata legge n. 81 del 2017. Con decorrenza dal 1° gennaio 2017 le spese di formazione dei liberi professionisti sono dunque integralmente deducibili nel limite annuo di 10 mila euro, da imputare a ciascun socio o associato nel caso di esercizio congiunto dell’attività professionale. All’interno del novero delle spese deducibili entro tale limite vi sono sia il costo della partecipazione all’evento formativo, sia le eventuali spese sostenute per il viaggio e il soggiorno. Per gestire le nuove modalità di deduzione dei costi della formazione professionale i modelli dichiarativi delle persone fisiche e delle società di persone hanno adottato la seguente operatività: nel rigo RE17, colonna 1, va indicato il 75% delle spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande sostenute per la partecipazione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale, nonché a convegni e a congressi. Tali spese infatti, tenuto conto della loro specifica natura, verranno assoggettate al limite relativo di deducibilità previsto dal quinto comma dell’articolo 54 ma non a quello assoluto (nel limite del 2% dei compensi). Nella colonna 2 del medesimo rigo RE17 verranno invece inserite le spese di iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale nonché le spese di iscrizione a convegni e congressi, comprese quelle di viaggio e soggiorno non indicate in colonna 1. Ovviamente la somma complessiva degli importi indicati nelle due colonne del rigo RE17 non potrà superare il limite annuo di deducibilità pari a 10 mila euro.

Le spese per la certificazione delle competenze professionali
Tra le altre novità introdotte alla determinazione del reddito di lavoro autonomo dalla legge n. 81 del 2017 figura anche la c.d. deducibilità dei costi sostenuti dai professionisti per la certificazione delle loro competenze. Si tratta nello specifico della possibilità di dedurre integralmente dal reddito di lavoro autonomo, nel limite su base annua di 5 mila euro, le spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’autoimprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro, erogate da organismi accreditati dalle vigenti disposizioni in materia. Anche tali spese vengono gestite nei dichiarativi 2018 all’interno del rigo RE17. Nello specifico in colonna 3 di detto rigo dovranno essere indicati gli importi deducibili delle spese sostenute per i suddetti servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro, erogati dagli organismi accreditati ai sensi della disciplina vigente. Tali spese sono integralmente deducibili entro il limite annuo di 5 mila euro che, al pari delle spese per la formazione professionale deve essere individuato sulla base del singolo professionista nel caso lo stesso facesse parte di una più ampia struttura aggregativa.

Società di capitali: prove di Flat Tax nel modello Redditi SC 2018

palazzo ade roma

Prime prove di flat tax, la cosiddetta “tassa piatta” basata su una sola aliquota. Tra le principali novità che caratterizzano la dichiarazione dei redditi di quest’anno spicca, infatti, la nuova aliquota unica dell’imposta sui redditi delle società di capitali nella misura del 24% al posto della precedente del 27,5%. Ulteriori innovazioni, analizzate qui di seguito, sono contenute nei quadri RF dove, fra le variazioni in diminuzione del reddito imponibile ai fini dell’Ires, trovano conferma le deduzioni relative al super e all’iperammortamento nonché i nuovi codici per la corretta gestione del regime di esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni (c.d. «branch exemption»). Novità anche negli altri quadri del modello Redditi 2018 delle società di capitali, in particolare nel quadro RS – Prospetti vari, dove trovano collocazione apposite sezioni per la gestione del c.d. «Patent Box» nonché le novità in tema di detrazioni Ires per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici di cui alla legge n.205/2017.

Quadro RF – Determinazione reddito d’impresa

Come anticipato nel rigo RF55 all’interno delle «altre variazioni in diminuzione», sono stati previsti nuovi codici per tenere conto della proroga delle disposizioni agevolative riguardanti sia il «superammortamento» sia l’«iperammortamento». Nello specifico si tratta del codice 50 per l’indicazione del superammortamento di competenza dell’esercizio 2017 in misura pari al maggior valore delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativo agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi e in beni di cui all’art. 164, comma 1, lettera b), del Tuir effettuati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2017, il cui costo di acquisizione è stato maggiorato del 40% (art. 1, commi 91 e 92, della legge 28 dicembre 2015, n. 208). Per l’iperammortamento i codici da inserire nel rigo RF55 sono invece due: il codice 55 per l’indicazione del maggior valore, in misura pari al 150%, delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativi a investimenti in beni materiali strumentali nuovi, che favoriscano processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0», compresi nell’elenco di cui all’allegato A, annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, effettuati entro il 31 dicembre 2017, ovvero entro il 30 settembre 2018 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione; il codice 56 per l’indicazione invece del maggior valore, in misura pari al 40%, delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria relativi al costo di acquisizione dei beni immateriali strumentali compresi nell’elenco di cui all’allegato B, annesso alla citata legge 11 dicembre 2016, n. 232, per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2017, ovvero entro il 30 giugno 2018 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione. Le istruzioni alla compilazione del rigo RF55 contengono già altri tre codici (57, 58 e 59) che dovranno essere utilizzati dai soggetti non solari, per indicare le quote di super o iperammortamento relative a investimenti effettuati dal 1º gennaio 2018 al 31 dicembre 2018, ovvero entro il 30 giugno 2019, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2018 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione beni, in ossequio alle novità introdotte in materia dalla legge n.205/2017 (legge di bilancio 2018).

Le novità 2018 introdotte nel modello Redditi SC

Quadro RN – Determinazione dell’Ires
Come anticipato, nel quadro di determinazione dell’imposta dovuta è stata inserita la nuova aliquota Ires del 24%, in luogo del precedente 27,5% per effetto della modifica apportata dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 all’articolo 77, comma 1, del Tuir. Detta modifica è riportata nel rigo RN8, colonna 1, dove deve essere indicato il reddito imponibile soggetto ad aliquota ordinaria del 24% mentre nella colonna 2 dello stesso rigo andrà indicata la relativa imposta. Da ricordare inoltre che per effetto di detta variazione in diminuzione dell’aliquota Ires, i conseguenti redditi di capitali derivanti da utili prodotti a partire proprio dall’esercizio successivo a quello in corso al 31/12/2016, concorreranno alla formazione del reddito dei soci persone fisiche nella misura del 58,14% in luogo del precedente 49,72%, cosi come disposto dal dm del 26/5/2017. Si tratta comunque di un regime transitorio di tassazione di detti redditi destinato a lasciare il posto alla nuova tassazione alla fonte in misura secca pari al 26%, sulla base di quanto previsto, per gli utili prodotti a partire dal 1° gennaio 2018, dalla legge n.205 del 2017.

Quadro RS – Prospetti vari
Diverse le novità e le conferme all’interno di detto quadro del modello Redditi 2018 delle società di capitali. In particolare per quanto riguarda il prospetto relativo alle Spese di riqualificazione energetica lo stesso è stato aggiornato per tenere conto della proroga delle agevolazioni riguardanti tali spese a seguito delle novità introdotte dall’articolo 1, comma 3, della legge 27 dicembre 2017, n.205 (legge di Bilancio 2018). Allo stesso modo e per le stesse esigenze, si è provveduto anche all’implementazione del prospetto relativo alle «Spese per interventi su edifici ricadenti nelle zone sismiche» per tenere conto degli ulteriori interventi agevolati da cui derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio a una classe di rischio inferiore realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico, così come modificate dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50. All’interno del quadro RS è stato inoltre inserito un nuovo prospetto denominato «Grandfathering – Opzione marchi d’impresa (Patent Box)» destinato ai soggetti Ires che con decorrenza dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, hanno esercitato in dichiarazione l’opzione per il regime di «Patent box» e che devono comunicare per i marchi d’impresa i dati previsti dall’art. 13 del decreto del ministro dell’economia e delle finanze del 28 novembre 2017.

Altre novità
Oltre alle peculiarità sopra evidenziate occorre considerare che per tutti i soggetti c.d. «solari» ovvero con esercizio sociale che chiude al 31 dicembre di ciascun anno, la dichiarazione dei Redditi 2018 costituirà il primo vero banco di prova per le novità introdotte in ambito fiscale dal dm 3 agosto 2017 in materia di c.d. «derivazione rafforzata». Nello specifico tutte le società che redigono il loro bilancio nella forma ordinaria o in quella abbreviata dovranno tenere conto delle numerosissime eccezioni che caratterizzano la determinazione del reddito d’impresa e del valore della produzione Irap rispetto alle norme che disciplinano al predisposizione del bilancio d’esercizio e ai corretti principi contabili. Si tratta ovviamente di disposizioni che non comportano modifiche ai quadri della dichiarazione ma che i contribuenti dovranno necessariamente tenere in debito conto sia nella gestione delle riprese fiscali in aumento o in diminuzione nel quadro RF, sia nella compilazione di altri prospetti della dichiarazione. Si pensi, tanto per fare un esempio, al prospetto per la determinazione degli interessi passivi deducibili e agli effetti che sullo stesso possono prodursi a seguito della scomparsa dell’area straordinaria del conto economico o dell’utilizzo del costo ammortizzato nella valutazione di debiti e crediti di durata ultrannuale.

Studi di settore: le principali novità e criticità del 2018

sds2018

Ritornano gli studi di settore per il periodo d’imposta 2017. Proprio quando sembrava che lo strumento di accertamento induttivo per eccellenza dovesse lasciare il passo ai nuovi indicatori di affidabilità fiscale – i c.d. ISA – la legge di bilancio 2018 ne ha sancito l’improvviso ritorno sulla scena. Il ripescaggio degli studi di settore per la stagione dichiarativa del 2018 è stato infatti previsto dal comma 931 dell’articolo 1 della legge n.205 del 2017 ai sensi del quale “al fine di assicurare a tutti i contribuenti un trattamento fiscale uniforme e di semplificare gli adempimenti dei contribuenti e degli intermediari, gli indici sintetici di affidabilità fiscale si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2018”. E’ stato proprio lo slittamento di un anno dei nuovi ISA che ha rimesso in scena i vecchi studi di settore. Si tratta di un ripescaggio avvenuto in piena “zona Cesarini” dal quale derivano tutta una serie di effetti che non possono non essere considerati.

L’iter normativo degli studi di settore per il periodo 2017
Il ritorno della scena degli studi di settore disposto dalla legge di bilancio 2018 ha colto impreparata la stessa amministrazione finanziaria che è dovuta correre ai ripari con una serie di provvedimenti attuativi. Il primo fra questi è il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 31 gennaio 2018 (prot. 25090/2018) con il quale si è proceduto, tardivamente, all’approvazione di n.193 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, relativi ad attività economiche del settore delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio, da utilizzare per il periodo di imposta 2017. Come per gli anni precedenti il provvedimento ha approvato, sia le relative istruzioni per la compilazione dei 193 modelli – costituite da una Parte generale, comune a tutti gli studi di settore, da una Parte specifica per ciascuno studio e dalle Parti relative ai quadri A, F, G, T, X, comuni agli studi di settore che ne prevedono il richiamo nelle relative istruzioni specifiche – sia i modelli validi per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, che devono essere allegati alla dichiarazione dei redditi dei quali costituiscono parte integrante. Successivamente con il provvedimento direttoriale del 15 febbraio 2018 (Prot. n.39252/2018) si è proceduto all’approvazione delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e dei parametri, dei relativi controlli con i modelli Redditi 2018 nonché all’attuazione di tutta una serie di modifiche alla modulistica degli studi di settore. In primo luogo nelle istruzioni alla compilazione il provvedimento in oggetto ricorda che i soggetti con residenza o sede operativa in uno dei comuni che nel corso del 2017 sono stati colpiti da eventi calamitosi (alluvione di Livorno e terremoto dell’isola di Ischia) che in ragione della specifica situazione soggettiva dichiarano la causa di esclusione dell’applicazione degli studi di settore relativa al periodo di non normale svolgimento dell’attività, non sono obbligati alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore. Seguono poi una serie di modifiche ad alcuni dei modelli studi da utilizzare per il periodo d’imposta 2017 far le quali: nel modello WD05U, in corrispondenza dei righi Z03 e Z04, sono eliminati i campi della prima colonna; nello studio di settore WG68U, è stato inserito il titolo “QUADRO Z – Dati complementari” in corrispondenza dell’omonimo quadro; nello studio di settore WG78U i righi Z16 e Z17 sono stati ridenominati, rispettivamente, “Z13” e “Z14”. Con il decreto ministeriale del 23 marzo 2018 si è provveduto invece all’inserimento di una serie di modifiche alle variabili di calcolo degli studi di settore fra le quali spiccano gli interventi congiunturali anticrisi e le correzioni legate alla nuova modalità di determinazione del reddito delle imprese minori in base al principio di cassa.

Sds 2018: principli novità e criticità

Le principali criticità degli studi di settore del 2018
Questa vera e propria corsa contro il tempo al quale la legge di bilancio 2018 ha costretto l’amministrazione finanziaria, ha comunque lasciato alcuni segni destinati ad incidere sulla valenza e sulla legittimità dei responsi del software Gerico 2018. Le criticità che possono infatti essere riscontrate dall’esame dell’iter normativo che ha portato all’approvazione ed alle modifiche degli studi di settore da applicare al periodo d’imposta 2017 sono essenzialmente tre. La prima di queste è rappresentata criticità dal mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel comma 28 dell’articolo 23 del DL 98/2011, ai sensi del quale con decorrenza dall’anno 2012 “..gli studi di settore devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre del periodo d’imposta nel quale entrano in vigore. Come abbiamo già avuto modo di vedere gli studi di settore da utilizzare per il periodo d’imposta 2017 sono stati approvati con il provvedimento direttoriale del 31 gennaio 2018 – un mese esatto oltre la scadenza fissata per legge – la cui pubblicazione sul sito internet delle Entrate ha sostituito l’obbligo di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La seconda criticità degli studi di settore da allegare alla dichiarazione dei redditi 2018 è più specifica investendo non la generalità dei modelli, come avviene invece per la prima criticità di cui sopra, ma solo una parte di questi. Si tratta della violazione della disposizione contenuta nell’articolo 10-bis della legge n.146/1998 secondo la quale: gli studi di settore sono soggetti a revisione, al massimo ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell’ultima loro revisione. Questa violazione della durata massima di tre anni è riscontrabile in circa un terzo degli studi di settore approvati con il provvedimento direttoriale del 31 gennaio 2018. L’esatta individuazione degli studi di settore incriminati è molto semplice: sono tutti quelli che sono stati approvati con il decreto ministeriale del 29 dicembre 2014 (il riferimento è indicato nella prima pagina delle istruzioni di ciascuno studio di settore). La terza ed ultima criticità che merita di essere segnalata riguarda invece le operazioni di revisione straordinaria alle variabili degli studi di settore per adattarli al nuovo regime per cassa dei contribuenti in contabilità semplificata ratificate con il decreto ministeriale del 23 marzo 2018. Si tratta di una revisione straordinaria portata a termine in tempi rapidissimi ed in assenza di informazioni complete ed esaustive circa i reali effetti che il nuovo regime ha generato sui conti economici del periodo d’imposta 2017, il primo al quale le nuove disposizioni si rendono applicabili. Il rischio è che tale revisione non sia in grado di cogliere le reali differenze esistenti fra il criterio della competenza economica (sul quale sono stati costruiti gli studi di settore!!) ed il nuovo criterio orientato alla cassa introdotto per tutte le imprese minori dalla legge di bilancio 2017. Le criticità sopra evidenziate potrebbero essere segnalate dai contribuenti che non si riconosceranno nei responsi del software Gerico 2018, nell’apposito spazio dedicato alle annotazioni.

730/2018: debuttano nuove detrazioni e locazioni brevi

730/2018

Definito il calendario delle presentazioni dei modelli per i redditi del 2017 e per il successivo invio telematico all’Agenzia delle Entrate. Diverse le novità all’interno dei quadri della dichiarazione destinata principalmente ai titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati. Le novità spaziano, come sempre, sui diversi fronti operativi. Nel modello 730/2018 relativo ai redditi 2017 vedono la luce, per la prima volta, nuove tipologie di oneri detraibili quali le spese per l’acquisto di alimenti medici ai fini speciali introdotti dal collegato fiscale alla legge di Bilancio 2018 (dl 148/2017) e le modifiche alla detrazione per le spese di locazione sostenute dagli studenti universitari fuori sede. Debuttano anche nuove tipologie di tassazione quale quella sulle c.d. locazioni brevi, applicabile ai contratti stipulati a far data dal 1° giugno 2017, così come disciplinata dal dl 50/2017. Ciò premesso facciamo sinteticamente il punto sulle principali novità che caratterizzano la nuova dichiarazione modello 730/2018.

Locazioni Brevi – Quadro B
Come anticipato una delle principali novità contenuta nel quadro B del modello 730/2018 riguarda la nuova disciplina delle c.d. «locazioni brevi», applicabile ai contratti stipulati a decorrere dall’1/6/2017. Per effetto delle novità introdotte dal dl 50/2017 i proprietari che locano gli immobili a uso abitativo per periodi non superiori a 30 giorni consecutivi, possono optare per l’assoggettamento al regime della cedolare secca dei redditi derivanti da tali contratti. Per quanto riguarda l’esatta individuazione della decorrenza delle nuove disposizioni le istruzioni al modello 730/2018 precisano che «un contratto si considera stipulato a partire dal 1° giugno 2017 se a partire da tale data il locatario ha ricevuto la conferma della prenotazione». Per effetto delle nuove disposizioni introdotte dal dl 50/2017 alle locazioni brevi, è altresì importante ricordare che il reddito fondiario derivante da tali contratti che dovrà essere indicato nel quadro B, include anche eventuali servizi accessori forniti dal proprietario quali: la pulizia dei locali e la fornitura della biancheria. Quando la locazione breve è stipulata tramite un intermediario immobiliare che interviene anche nella fase della riscossione del canone, il locatore avrà inoltre subito una ritenuta del 21% sui corrispettivi riscossi, che dovrà essere indicata nel quadro F del modello 730/2018 sulla base dell’apposita certificazione che l’intermediario immobiliare avrà inviato.

Redditi lavoro dipendente e assimilato – Quadro C
Novità anche all’interno del quadro C del modello 730/2018 destinato ad accogliere i redditi da lavori dipendente e assimilati. Nello specifico le novità riguardano, ancora una volta, il trattamento dei c.d. «premi di produttività» e/o «partecipazione agli utili dell’impresa» che possono essere assoggettati all’imposta sostitutiva in misura pari al 10%. Nello specifico tale possibilità è prevista, nel limite massimo di 3 mila euro che salgono a 4 mila euro se l’azienda coinvolge pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, se il reddito di lavoro dipendente conseguito nell’anno precedente (2016) non sia stato superiore a 80 mila euro.

Altri redditi – Quadro D
Anche il quadro D del modello 730/2018 accoglie alcune novità relative al trattamento fiscale dei redditi di capitale. Nello specifico per tali redditi derivanti da utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31/12/2016, occorre tenere conto della modifica di percentuale di concorrenza degli stessi alla formazione del reddito che è stata innalzata al 58,14% in luogo della precedente percentuale del 49,72%. Tale modifica riguarda, ovviamente, soltanto i soci in possesso di partecipazioni qualificate in società di capitali soggette a Ires, non detenute nell’esercizio d’impresa. Al fine di tenere in debito conto di detta novità al rigo D1 «Utili e altri proventi equiparati», sono stati istituiti i nuovi codici per identificare il «Tipo di reddito» al quale è associata la relativa percentuale di partecipazione alla formazione del reddito complessivo.

Nuove deduzioni e detrazioni Irpef – Quadro E
Sono diverse le novità da considerare nella compilazione del quadro E del modello 730/2018 destinato ad accogliere gli oneri e le detrazioni Irpef. Come anticipato tra le spese sanitarie detraibili sono state inserite, con decorrenza dall’anno 2017, le spese sostenute per l’acquisto di alimenti a fini medici speciali di cui alla Sezione A1 del Registro nazionale ex art.7, dm 8/6/2001. Per quanto attiene alla documentazione giustificativa di tali acquisti, in assenza di precise istruzioni al riguardo da parte dell’Agenzia delle Entrate, si deve ritenere che la stessa debba essere equiparata a quanto previsto per tutte le altre tipologie di spese sanitarie ovvero: scontrino fiscale, fattura, ricevuta fiscale o altro documento equipollente purché dallo stesso sia possibile identificare, con esattezza, il prodotto acquistato. Altra novità riguarda la detrazione delle spese sostenute per i canoni di locazione dei c.d. «studenti universitari fuori sede» che, sulla base delle modifiche apportate dal dl 148/2017 e dalla legge n. 205/2017, sono ora detraibili a condizione che il comune di residenza dello studente e dell’università presso la quale è iscritto, siano ubicate in comuni distanti tra loro almeno 100 Km che scendono a 50 Km quando lo studente è residente in una zona montana o disagiata. Sempre in tema di spese per l’istruzione occorre inoltre ricordare che è stato aumentato a 717 euro il limite delle spese per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale d’istruzione che danno diritto alla detrazione Irpef all’interno del quadro E del modello 730/2018. All’interno del quadro E del modello 730/2018 devono essere anche considerate con riferimento alle spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio, le conferme per il 2017 del limite massimo di spesa pari a 96 mila euro e la misura della detrazione nel 50% delle spese stesse. Confermata per tutto il 2017 anche la detrazione in misura pari al 50% delle spese sostenute per l’arredo degli immobili ristrutturati nel limite di 10 mila euro di spesa massima consentita.Da ricordare inoltre che sia per il c.d. Sisma-bonus che per l’Eco-bonus, sono previste percentuali di detrazione più ampie per le spese sostenute per gli interventi antisismici effettuati su parti comuni di edifici condominiali e per gli interventi che comportano una riduzione della classe di rischio sismico nonché per alcune tipologie di spese per interventi di riqualificazione energetica eseguite sulle parti comuni degli edifici condominiali.

Altre novità
Oltre alle novità sopra riportate il modello 730/2018 relativo ai redditi 2017 contiene anche altre particolarità che devono comunque essere considerate. Fra queste merita di essere segnalata la nuova sezione VII del quadro F denominata «Locazioni brevi» dove dovranno essere indicate le ritenute operate dagli intermediari immobiliare sui corrispettivi relativi alle locazioni brevi riscosse per loro tramite. Tali importi verranno ricavati dal punto 15 del nuovo prospetto contenuto nelle certificazioni uniche 2018 denominato «Locazioni brevi». Da segnalare infine che per effetto delle disposizioni di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 50 del 2017, come segnalano le istruzioni al quadro I – Imposte da compensare del modello 730/2018, per poter utilizzare in compensazione un credito di importo superiore a 5 mila euro, è ora necessario richiedere l’apposizione del visto di conformità.

Il Calendario 2018 delle scadenze per la presentazione del Modello 730

Imu e Tasi: acconto in scadenza il 18 giugno 2018

imu tasi vista citta'

Il prossimo 18 giugno 2018 scadrà il termine di versamento dell’acconto dell’Imposta Municipale Unica (IMU) e della Tassa sui Servizi Indivisibili (TASI). Il calcolo andrà effetuato sulla base delle aliquote e detrazioni dei 12 mesi dell’anno precedente, risultanti dalle delibere comunali pubblicate sul sito Internet del MEF.
Il secondo acconto andrà versato entro il 17 dicembre 2018 (in quanto il 16.12 cadrà di domenica), a saldo dell’imposta dovuta per l’anno in corso con eventuale conguaglio sulla prima rata.
Si ricorda che, anche quest’anno, le regole per il calcolo dell’IMU e della TASI sono rimaste invariate rispetto allo scorso anno.
Con l’uso del consueto Question&Answer (domande e risposte), si riepilogano di seguito i principali casi di versamento dell’acconto IMU e della TASI 2018.

INDICE DELLE DOMANDE E CALCOLATORE IUC

1. Ai fini IMU e TASI cosa si intende per abitazione principale?
2. Ci sono casi in cui l’immobile è equiparato all’abitazione principale?
3. Sono previste specifiche esenzioni ai fini IMU?
4. Sono previste disposizioni specifiche per i terreni agricoli ai fini IMU?
5. Come si calcola la base imponibile IMU e TASI per gli immobili?
6. Come si calcola la base imponibile IMU e TASI per i fabbricati in costruzione?
7. Come si calcola la base imponibile IMU e TASI per i terreni agricoli?
8. Chi sono i soggetti passivi TASI?

Strumenti:
Calcolatore IUC 2018 (IMU+TASI)

DOMANDE E RISPOSTE

D.1 AI FINI IMU E TASI COSA SI INTENDE CON ABITAZIONE PRINCIPALE?
R.1
Ai fini dell’IMU (Imposta Municipale Unica) e della TASI (Tributo per i servizi indivisibili) si considera abitazione principale l’immobile utilizzato come dimora del possessore e del proprio nucleo familiare a condizione che vi risiedano anagraficamente. Se i componenti del nucleo familiare hanno stabilito dimora abituale e residenza in immobili diversi situati nello stesso comune, le agevolazioni per l’abitazione principale si applicano per un solo immobile. L’esenzione, invece, si applica per entrambi gli immobili se i coniugi hanno stabilito l’abitazione principale in due comuni diversi.
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D.2 CI SONO CASI IN CUI L’IMMOBILE È EQUIPARATO ALL’ABITAZIONE PRINCIPALE?
R.2
Si, in alcuni casi l’immobile è equiparato ad abitazione principale, e quindi non deve pagare l’IMU e la TASI. Alcuni casi sono previsti dalla legge, altri possono essere disposti dal comune (e quindi vanno verificati caso per caso):

Equiparazione ad abitazione principale prevista dal comune unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o usufrutto da anziani o disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari, purché non locata
Equiparazione ad abitazione principale prevista dalla legge unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, incluse (dal 2016) quelle destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica.

fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali ex DM 22.4.2008

casa coniugale assegnata all’ex coniuge a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio

-unico immobile, iscritto o iscrivibile in Catasto come unica unità immobiliare, non concesso in locazione, posseduto dal personale: in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare; dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile; del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco; appartenente alla carriera prefettizia; per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica;

-la sola unità immobiliare posseduta da cittadini italiani: non residenti in Italia; iscritti all’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero);  già pensionati nei rispettivi paesi di residenza; posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso

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D.3 SONO PREVISTE SPECIFICHE ESENZIONI AI FINI IMU?
R.3
Si, oltre alle abitazioni principali non di lusso, sono inoltre esenti dall’IMU:
• gli immobili posseduti dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti e dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
• fabbricati classificati o classificabili nel gruppo catastale E (stazioni, ponti, fari ecc..);
• fabbricati destinati ad usi culturali ex art. 5-bis D.p.r. 601/73 (come musei, biblioteche, archivi …);
• fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto;
• fabbricati di proprietà della Santa Sede;
• fabbricati rurali strumentali (art. 9 comma 3-bis D.l. 557/93), necessari allo svolgimento delle attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse;
• immobilimerce, ossia quelli destinati dall’impresa costruttrice alla vendita. L’esenzione opera fino a che permane tale destinazione e finché tali immobili non sono locati;
• immobili di enti non commerciali, solo se destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività: assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive; dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, alla catechesi e all’educazione cristiana (ex art. 16 comma 1 lett. a della L. 222/85);
• fabbricati colpiti dagli eventi sismici: del 2009 dell’Abruzzo (l’esenzione opera per i fabbricati distrutti o dichiarati inagibili, fino alla ricostruzione e agibilità); del 2012 dell’Emilia, Veneto e Lombardia (l’esenzione opera fino alla definitiva ricostruzione/agibilità e comunque non oltre il 31.12.2018 ); del 2016 del Centro Italia (l’esenzione opera a decorrere dalla rata scadente il 16.12.2016 e fino alla definitiva ricostruzione/agibilità, e comunque non oltre il 31.12.2020); nell’isola di Ischia del 2017 (l’esenzione opera a decorrere dalle rate in scadenza dopo il 21.08.2017, fino alla definitiva ricostruzione/agibilità e comunque fino al 2018), art. 2 comma 5-ter DL n° 148/2017.
Sono poi esenti IMU anche i terreni:
• a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale, a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente da ubicazione e possesso;
• ubicati nelle isole minori (art. 1 comma 1 lett. a-bis del D.l. 4/2015), di seguito riepilogate: ISOLE TREMITI – San Nicola, San Domino, Capraia, Pianosa; PANTELLERIA; ISOLE PELAGIE – Lampedusa, Lampione, Linosa; ISOLE EGADI – Favignana, Levanzo, Marettimo, Formica, Ustica; ISOLE EOLIE – Lipari, Vulcano, Alicudi, Filicudi, Stromboli, Panarea, Salina; ISOLE SUSCITANE – Sant’Antioco, San Pietro; ISOLE DEL NORD SARDEGNA – La Maddalena, Caprera, Santo Stefano, Spargi, Santa Maria, Budelli, Razzoli, Mortorio, Tavolara, Molara, Asinara; ISOLE PARTENOPEE – Capri, Ischia, Procida, Nisida, Vivara; ISOLE PONZIANE – Ponza, Palmarola, Zannone, Ventotene, Santo Stefano; ISOLE TOSCANE – Elba, Pianosa, Montecristo, Isola del Giglio, Giannutri, Formiche di Grosseto, Capraia, Gorgona, Secche della Meloria; ISOLE DEL MARE LIGURE – Palmaria, Tino, Tinetto; ISOLA DEL LAGO D’ISEO – Monte Isola.
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D.4 SONO PREVISTE DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER I TERRENI AGRICOLI AI FINI IMU?
R.4
Per quanto riguarda i terreni agricoli, la Legge di Stabilità 2016 ha previsto l’esenzione per quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione.
Con una nota del Mef del 23.05.2016, è stato chiarito che godono dell’agevolazione anche i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, che risultano:
• proprietari o comproprietari dei terreni agricoli coltivati dall’impresa agricola di cui è titolare un altro componente del nucleo familiare;
• iscritti come coltivatori diretti nel nucleo familiare del capo-azienda, negli appositi elenchi previdenziali, come previsto dall’art. 11 della L. 9/1963.
Nel caso in cui il coadiuvante possieda anche altri terreni concessi in affitto o comodato ad altri soggetti, per tali terreni non si applica l’esenzione.
Godono dell’agevolazione, altresì, le società agricole in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP), il coltivatore diretto e Iap, persone fisiche, iscritti nella previdenza agricola, che abbiano costituito una società di persone alla quale hanno concesso in affitto o in comodato il terreno di cui mantengono il possesso, ma che, in qualità di soci, continuano a coltivare direttamente.
Sono esenti Imu anche i terreni agricoli situati in area di montagna o collina, secondo i criteri stabiliti con C.M. 9/1993. Per stabilire se un terreno ricade in un’area di montagna o collina bisogna pertanto fare riferimento alla Circolare 9/1993, che suddivide i terreni secondo questi parametri:
• quelli in cui, accanto al comune, non è riportata alcuna annotazione, sono esenti completamente;
• quelli in cui, accanto al comune, è riportata l’annotazione “parzialmente delimitato”, con la sigla “PD”, l’esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale.
Riguardo a questi ultimi, occorre verificare se il terreno posseduto cada o meno nell’area delimitata soggetta ad esenzione; il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiarito che occorre prendere in considerazione l’ubicazione dei terreni e verificare se questi rientrano o meno nelle porzioni di territorio delimitate secondo i principi contenuti nella circolare n°9/1993 del Ministero delle Finanze. La circolare 4/2016 DF chiarisce che tale procedura va rispettata anche qualora i comuni originari si siano fusi, anche se il nuovo comune ha una denominazione del tutto nuova.
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D.5 COME SI CALCOLA LA BASE IMPONIBILE IMU E TASI PER GLI IMMOBILI?
R.5
La base imponibile per l’IMU e la TASI si calcola assumendo come valore dell’immobile la rendita catastale risultante all’inizio del periodo, rivalutata del 5%, e moltiplicandolo con i seguenti moltiplicatori:

Categoria catastale Moltiplicatore
Gruppo A (escluso A/10) 160
Categorie C/2, C/6 e C/7 160
Gruppo B 140
Categorie C/3, C/4 e C/5 140
Categorie A/10 e D/5 80
Gruppo D (escluso D/5) 65
Categoria C/1 55

La base imponibile è ridotta al 50% per:
• gli immobili di interesse storico artistico;
• i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.
Dal 2016 è stata introdotta la riduzione della base imponibile Imu del 50% per gli immobili concessi in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado. L’agevolazione si applica alle unità immobiliari, escluse quelle “di lusso” (A/1, A/8 e A/9), concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado (genitori-figli) che la utilizzano come abitazione principale a condizione che:
• il contratto sia registrato;
• il comodante: possieda un solo immobile in Italia, oltre all’abitazione principale non di lusso sita nel Comune in cui è ubicato l’immobile concesso in comodato; risieda anagraficamente e dimori abitualmente nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.
La Legge di Stabilità 2016 ha previsto anche la riduzione del 25% dell’aliquota Imu deliberata dal Comune, nel caso di immobili locati a canone concordato, di cui alla L. 431/98. Pertanto, se ad esempio l’aliquota ordinaria fosse del 10,6‰, e quella deliberata per i contratti a canone concordata fosse dell’8‰, l’aliquota da applicare sarebbe del 6‰.
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D.6 COME SI CALCOLA LA BASE IMPONIBILE IMU E TASI PER I FABBRICATI IN COSTRUZIONE?
R.6
Per i fabbricati in corso di costruzione, ricostruzione/ristrutturazione, l’imposta si calcola sul valore dell’area edificabile, fino alla data di ultimazione dei lavori o, se precedente, fino alla data in cui il fabbricato inizia ad essere utilizzato.
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D.7 COME SI CALCOLA LA BASE IMPONIBILE IMU E TASI PER I TERRENI AGRICOLI?
R.7
Per quanto riguarda il calcolo della base imponibile per i terreni agricoli, occorre rivalutare il reddito dominicale del 25% e poi moltiplicarlo per 135.
Per quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, è prevista ora l’esenzione, indipendentemente dalla loro ubicazione. Con la Legge di Stabilità 2016, infatti:
• è stata abrogata la disposizione del comma 5 dell’art. 13 del D.l. 201/2011 che prevedeva il moltiplicatore di 75, anziché 135, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola;
• il comma 8-bis dell’art. 13 del D.l. 201/2011 che prevedeva riduzioni Imu diverse a seconda del valore della base imponibile, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola.
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D.8 CHI SONO I SOGGETTI PASSIVI TASI?
R.8
In generale, la TASI è dovuta da chiunque possieda o detenga, a qualsiasi titolo, le unità immobiliari imponibili, illustrate al paragrafo precedente.
In caso di pluralità di possessori o detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria. Ogni soggetto paga in base alla propria aliquota e alla propria condizione soggettiva.
Come per l’IMU, anche per la TASI, in caso di leasing, il soggetto passivo è il locatario (colui che riceve in locazione il bene).
Nel caso di immobili concessi in locazione/comodato, dal 2016 occorre distinguere a seconda che si tratti di:
• abitazione principale non di lusso, in tal caso il detentore non è soggetto alla TASI. Il soggetto passivo sarà il titolare del diritto reale, nella percentuale stabilita dal comune, o in assenza il 90%;
• altra abitazione, in questo caso l’inquilino/comodatario è titolare di un’autonoma obbligazione e verserà la TASI nella misura fissata dal Comune compresa fra il 10% e il 30% dell’imposta. Se il Comune non ha fissato la percentuale, l’inquilino applicherà il 10%. Il proprietario (o titolare di altro diritto reale) è tenuto a corrispondere la “restante parte” del tributo, dal 70 al 90%.
In caso di immobile concesso in locazione/comodato ci si trova di fronte a due distinte e autonome obbligazioni, questo comporta:
• l’assenza di solidarietà tra proprietario e occupante; questo significa che nel caso ad esempio di mancato pagamento da parte dell’inquilino, il proprietario non è responsabile del mancato pagamento. Ognuno infatti è titolare di un’autonoma obbligazione tributaria. Il Comune quindi non può pretendere l’adempimento da una parte piuttosto che dall’altra;
• l’impossibilità per i predetti soggetti di “accordarsi” su quanto corrispondere, poiché la misura del riparto tra di essi è fissata dal Regolamento comunale.
In caso di detenzione temporanea di durata non superiore a 6 mesi nel corso dell’anno, la TASI è dovuta esclusivamente dal possessore del locale a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie.
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CALCOLATORE IUC 2018 (IMU+TASI)

Si ricorda che, per facilitare la quantificazione dell’imposta, è disponibile il calcolatore IUC 2018 fornito gratuitamente dall’Associazione Nazionale Uffici Tributi Enti Locali. Il calcolatore, impostato con le aliquote dedicate per tipologia di immobile, consente il calcolo dell’imposta, l’elaborazione e la stampa del modello F24 pagabile presso qualsiasi banca o ufficio postale.

Lo Studio rimane comunque a disposizione per ogni chiarimento o informazione circa gli adempimenti tributari di prossima scadenza.

calcolatore iuc 2018
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